Scoperto il ruolo di FBXO41 nel cervelletto

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 20 giugno 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Per la sua morfologia e le sue stesse dimensioni in rapporto al resto dell’encefalo, il cervelletto ha affascinato generazioni di studiosi che, fin da quando la sua conformazione interna fu descritta con il suggestivo nome di “albero della vita”[1], avevano compreso la difficoltà della sfida di decifrarne la fisiologia. Le ormai non più recenti evidenze della partecipazione di questo piccolo cervello ad una lunga lista di funzioni di grande rilievo neurobiologico, si scontrano con il problema della mancanza di interpretazioni univoche dei dati per una definizione del profilo di questi ruoli.

È evidente che il quadro teorico della neurologia classica si rivela insufficiente e, pertanto, scegliendo di escludere questi “ruoli minori”, come hanno deciso di fare anche Kandel e coautori di Principles of Neural Science, la maggior parte di ricercatori e docenti di discipline neuroscientifiche rivolge l’interesse e l’attenzione principalmente al suo ruolo nella coordinazione senso-motoria, nel controllo correttivo del movimento, nell’apprendimento motorio e nella partecipazione alla regolazione di tono, postura e pianificazione dell’azione.

L’importanza del cervelletto per la coordinazione senso-motoria è fuori discussione, così come lo è il suo fisiologico sviluppo e l’integrità della sua architettura nel tempo, ma non molto è noto dei fattori molecolari e genetici specificamente responsabili di questi aspetti.

Mukherjee e colleghi hanno identificato FBXO41, una nuova proteina F-box specifica del sistema nervoso centrale, hanno dimostrato che promuove la migrazione neuronale nell’embrione ed hanno accertato che la delezione del suo gene è responsabile di un’atassia cerebellare grave.

FBXO41 sembra avere un ruolo rilevante sia nella migrazione cellulare che nel mantenimento dell’integrità strutturale del cervelletto (Mukherjee C., et al., Loss of the Neuron-Specific F-Box Protein FBXO41 Models an Ataxia-Like Phenotype in Mice with Neuronal Migration Defects and Degeneration in the Cerebellum. Journal of Neuroscience 35 (23): 8701-8717, Jun 10, 2015).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Cellular and Molecular Neurobiology and Center for Nanoscale Microscopy and Molecular Physiology of the Brain, Göttingen (Germania); International Max Planck Research School of Neurosciences, Göttingen (Germania).

Il cervelletto è la parte dell’encefalo che occupa la fossa cranica posteriore, in una propria sede che prende il nome di loggia cerebellare e lo accoglie dietro il ponte e i quadrigemelli, sopra il bulbo e sotto il cervello. Per rendersi conto di dove è situato, guardando dall’esterno la testa di un adulto, possiamo tracciare una linea pressoché orizzontale che vada dal margine superiore dell’arcata zigomatica al punto mediano di maggiore sporgenza dell’occipite o protuberanza occipitale esterna o inion: tale linea indica, con notevole precisione, il confine fra cervello e cervelletto. L’anatomista Poirier consigliava, per scoprire il cervelletto, di trapanare sotto la linea che unisce l’apice della mastoide all’inion.

Il suo volume complessivo si compone di due parti laterali più espanse, gli emisferi cerebellari, che, visti dall’alto o in sezione, si possono paragonare per sagoma ad ali di farfalla; ed una parte mediana, ristretta ed allungata sul piano sagittale, che prende il nome di verme cerebellare. Il cervelletto è presente in tutti i vertebrati, con uno sviluppo proporzionato a quello del cervello, ed ha una morfologia variabile, le cui caratteristiche riflettono il grado di evoluzione della specie. Gli emisferi cerebellari (neocerebello) presentano il rapporto volumetrico più stretto con gli emisferi cerebrali, mentre il verme è considerato omologo del paleocerebello, presente anche nei vertebrati meno evoluti.

La consistenza interna è lievemente maggiore di quella del cervello, mentre la corteccia è più molle, per la ricchissima vascolarizzazione, solo in parte visibile ad occhio nudo[2]. Con un diametro trasverso di 8 o 10 cm, uno verticale di 5 e uno antero-posteriore di 5,5-6,5 cm, il cervelletto ha un peso che si aggira mediamente intorno ai 140 g, cioè l’ottava parte del peso del cervello[3], e la decima parte del peso di tutto l’encefalo. Questo rapporto è particolarmente significativo se lo si raffronta alla densità cellulare: il cervelletto costituisce solo il 10% del volume totale dell’encefalo, ma contiene più della metà del totale delle cellule nervose presenti in tutte le formazioni encefaliche messe insieme.

Da un punto di vista strutturale il cervelletto può essere descritto come una serie altamente regolare di unità ripetute, ciascuna delle quali contiene lo stesso microcircuito di base. Le diverse regioni del cervelletto ricevono fibre afferenti da differenti regioni dell’encefalo e del midollo spinale, e proiettano a differenti sistemi motori. Cionondimeno, la somiglianza dell’architettura e della fisiologia di tutte le regioni cerebellari, implica che parti diverse della sua struttura compiano le stesse operazioni computazionali sui differenti segnali in entrata.

Storicamente, l’enigma della fisiologia cerebellare è rimasto tale, con l’eccezione di quanto si evinceva indirettamente dalla sintomatologia neurologica originata dalle sue lesioni. Dalla classica triade cerebellare (nistagmo, tremore intenzionale e parola scandita) dovuta a lesione emisferica, ai deficit espressi con ipotonia, astasia-abasia, atassia, dismetria, adiadococinesia, alle sindromi genetiche quali le eredoatassie spino-cerebellari (morbo di Friedrich), la clinica neurologica ha costituito a lungo l’unica finestra attraverso la quale cercare di osservare, analizzare e comprendere qualche aspetto funzionale di questa complessa struttura del sistema nervoso centrale.

Negli ultimi decenni, anche se a fatica, molti progressi sono stati compiuti e, anche se ancora molto resta da scoprire, quanto si è riuscito fino ad oggi a comprendere costituisce un importante capitolo della neurofisiologia, che vale la pena studiare e al quale si rimandano tutti coloro che sono affascinati dagli innumerevoli automatismi funzionali che sono alla base di attività volontarie e involontarie e di una parte non trascurabile di processi vegetativi.

Come si diceva, l’architettura funzionale del cervelletto non solo richiede la precisione di meccanismi di sviluppo altamente specializzati, ma anche una integrità che duri nel tempo per assicurare un funzionamento ottimale. Difetti di sviluppo, quali un’alterata migrazione neuronica, oppure un processo patologico neurodegenerativo, possono attentare alla delicata architettura funzionale dell’organo e risultare in disturbi motori che spesso si manifestano con il sintomo più evidente dell’atassia, apprezzabile come andatura su base allargata.

L’identificazione nella proteina FBXO41 e nel suo gene di una base molecolare dell’organizzazione morfo-funzionale del cervelletto e del suo ruolo nella fisiologia del movimento, sembra un dato molto promettente ed incoraggiante per il prosieguo degli studi.

FBXO41 è una nuova proteina F-box specifica del sistema nervoso centrale, che si localizza al centrosoma e nel citoplasma dei neuroni. Mukherjee e colleghi hanno dimostrato che la FBXO41 citoplasmatica promuove la migrazione neuronica.

La famiglia di proteine F-box è caratterizzata da un motivo strutturale costituito da circa 40 aminoacidi (appunto, l’F-box). Le proteine F-box costituiscono una delle quattro subunità del complesso SCF ubiquitina proteina ligasi, che svolge un ruolo nell’ubiquitinazione dipendente dalla fosforilazione, e sono state divise in tre classi.

I ricercatori hanno sperimentato gli effetti della delezione del gene di FBXO41 nel topo, rilevando che l’assenza del gene determina lo sviluppo di un passo gravemente atassico. Lo studio dello sviluppo del sistema nervoso centrale di questi roditori ha dimostrato che la delezione del gene causa una ritardata migrazione neuronale, in particolare delle cellule a granulo che, nel cervelletto in corso di sviluppo, raggiungono in notevole ritardo la loro sede definitiva fisiologica. Un altro aspetto di notevole interesse riguarda la mancanza di FBXO41 in epoca post-natale e adulta: nel cervelletto maturo si rilevavano costantemente alterazioni di conformazione (deformità) e processi neurodegenerativi della sua struttura.

L’insieme dei dati emersi da questo studio, per il cui dettaglio si rimanda alla lettura integrale del testo del lavoro originale, dimostra che FBXO41 è un fattore critico sia per il processo di migrazione legato al corretto sviluppo dei microcircuiti strutturali, sia per il mantenimento dell’integrità cerebellare a lungo termine.

È perfino superfluo notare che la comunità neuroscientifica, oltre ad attendere conferme di questo risultato, si augura che presto siano identificate altre proteine che consentano di comporre un mosaico di dati che aiuti a decifrare i complessi problemi legati all’organizzazione funzionale e alla patologia del cervelletto.

 

L’autore della nota, ringraziando la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e la professoressa Richmond per la consulenza genetica, invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-20 giugno 2015

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] La sostanza bianca che emana dal “centro midollare” manda alla periferia prolungamenti divergenti come raggi che mettono capo a un lobulo cerebellare, dove formano una serie di rami che penetrano, a loro volta, nelle lamine; tali prolungamenti di secondo ordine si dividono ulteriormente in prolungamenti di terzo ordine o lamelle. Ciascuna sezione cerebellare con lobulo, lamina e lamella, risulta perciò formata da una sorta di tronco di sostanza bianca arborizzata in rami e ramoscelli. Gli antichi anatomisti ravvisarono una buona somiglianza morfologica di questa struttura complessa con le foglie del “Thuya” o “albero della vita”.

[2] Chi abbia fatto la dissezione anatomica del cervelletto, sa quanto sia difficile rimuovere l’involucro piale, ovvero la pia meninge, senza involontariamente asportare - per quanto si operi con accorta prudenza - frammenti di corteccia cerebellare, rammollita ed aderente alla membrana connettivale soprastante.

[3] In uno studio classico di Chiarugi, su una popolazione italiana, il valore medio per i maschi risultò 142 g e per le femmine 128 g, con variazioni individuali in assenza di patologia che, nei maschi, andavano da 90 a 191; nelle femmine, da 66 a 160 (Cfr. Testut & Latarjet).